Il tema della alienazione parentale è uno dei più ricorrenti nell’ambito delle cause civili di separazione e divorzio giudiziali in presenza di figli minori. Sempre più spesso le aule di giustizia diventano il campo di una “guerra” che vede i figli minori delle coppie separande /divorziande vittime predestinatedi rivendicazioni reciproche della coppia, la cui escalation tende a salire sempre più di toni e a provocare effetti gravi e duraturi sulla salute mentale dei bambini. I giuristi, così come gli psicologi, non possono che domandarsi quale sia la ottimale gestione del tema, come si possa arginare, o meglio ancora prevenire, un fenomeno di importanza primaria che potrebbe provocare ai bambini vittime di alienazione parentale importanti disfunzionamenti del sistema psicologico ed adattivo tanto da costituire in futuro un” vero e proprio problema di salute pubblica”. Ma cosa si intende con il termine di Alienazione Parentale? E di cosa si tratta realmente? di una sindrome psicologica o di una dinamica comportamentale messa in atto nella famiglia che sta vivendo un processo di separazione e che trova il suo luogo funzionale di valutazione e di riparazione nel processo civile? Alla luce delle più recenti pubblicazioni internazionali scientifiche e della copiosa giurisprudenza italiana di legittimità e di merito, può dirsi che il fenomeno della AP non è più inteso come una sindrome psichiatrica ma al contrario come una violazione di diritti del bambino che trova nel processo la sua logica e corretta collocazione. La definizione di Alienazione Parentale trova il proprio corollario nel dato testuale dell’art. 337 ter del codice civile dove si prevede che “ Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. Ogni discostamento dal diritto di cui sopra, ogni comportamento di ciascuno dei genitori che comprometta la conservazione dei suddetti rapporti significativi tra il bambino stesso, entrambi i genitori, ed i relativi ascendenti di ambedue i rami parentali, costituisce una violazione giuridica, violazione che definisce appunto la Alienazione Parentale come fenomeno di matrice essenzialmente giuridica. Una volta assunta la corretta definizione e l’inquadramento del fenomeno, non può non derivarne che la sede propria dove la Alienazione Parentale deve essere rilevata è sicuramente quello dei contenziosi legali di separazione, divorzio ed affidamento e che lo strumento ad hoc definito per diagnosticarla è la Consulenza Tecnica di Ufficio di natura psichiatrica . La CTU, infatti, costituisce lo strumento privilegiato per la individuazione di uno stato di alienazione parentale in danno di un minore che presuppone una indagine svolta secondo una metodologia articolata basata su l’assunzione di una serie di colloqui individuali e congiunti tra i membri della famiglia divisa. Lasciando alle scienze psichiatriche la individuazione dei comportamenti patologici che possono ingenerare la alienazione parentale, c’è a questo punto da domandarsi quali siano gli strumenti di natura giudiziaria da adottarsi per “arginare e reprimere” tutti i casi in cui un genitore comprometta con la sua condotta il sacrosanto diritto del figlio al mantenimento di fisiologici e sani rapporti con entrambi i genitori. E’ sempre norma essenziale di riferimento l’articolo 337 ter c.c. dove al secondo comma viene testualmente previsto che “Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'articolo 337 bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l'affidamento familiare”. In presenza di condotte di alienazione parentale ai danni di figli minori, pertanto, il Giudice viene chiamato ad intervenire con strumenti di tipo coercitivo e coattivo, che laddove vi siano ragioni gravi di possibile pregiudizio del figlio minorenne possono finanche arrivare all’allontanamento temporaneo del figlio dal genitore che assume comportamenti di tipo alienante, ma che seppure nella loro serietà ed importanza sono fondamentali e risolutivi per la salvaguardia e la tutela della salute psico-fisica del minore coinvolto. In conclusione può dirsi che, esclusa la definizione della Alienazione Parentale come Sindrome di natura Psichiatrica, definita esattamente la stessa come violazione di natura giuridica, il fenomeno è da gestire con i corretti strumenti che il nostro sistema legislativo prevede e che solo l’intervento il più possibile tempestivo e confacente alla specificità del caso potrà a questo punto escludere un processo degenerativo ai danni dei figli minorenni che – “strapazzati “nel corso di contenziosi civili di durata pluriennale- potrebbero a quel punto divenire realmente soggetti afflitti da sindromi psichiatriche di certo non lievi. Avv. Sara Bertocchi tel 3203578056 Studio Legale in Parma
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April 2020
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